Sabrina Perrone: Gestione del Rischio Clinico all’interno delle Aziende Ospedaliere

ospedaleCaso di reazione trasfusionale conseguente ad incompatibilità ABO (tratto dal Manuale predisposto dal Dipartimento della Qualità Direzionale Generale della Programmazione Sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema Ufficio III del Ministero della Salute)
Tizio, paziente ricoverato presso la struttura sanitaria Delta, ha presentato una grave reazione da incompatibilità ABO. Tale evento si è verificato dopo la somministrazione di sangue di gruppo A+ ad un paziente con gruppo sanguigno diverso. Dall’analisi delle possibili cause e fattori è emersa la mancata applicazione di procedure per la corretta identificazione dei pazienti e per la corretta gestione della trasfusione sanguigna. Inoltre, sono emersi evidenti carenze nei processi di comunicazione tra operatori, precisamente tra medico ed infermiere professionale e l’inadeguata formazione specifica degli operatori.

Il Servizio Sanitario Nazionale (da qui in poi, SSN) può essere definito come quel complesso di servizi, attività e funzioni attinenti all’Assistenza Sanitaria, erogati dallo Stato. È stato istituito ad opera della l. 833/78 ed entrato in vigore il 1° luglio 1980. Prima di tale istituzione, l’assistenza sanitaria era garantita per il tramite dell’intervento degli enti mutualistici: il riconoscimento della tutela del diritto alla salute si basava sulla condizione di “lavoratore”. A seguito della istituzione del SSN si è data piena attuazione all’art. 32 Cost., in quanto è stata prevista una assistenza sanitaria legata non più alla condizione lavorativa del soggetto, ma all’essere cittadino, in una ottica squisitamente “universalistica”.
Le principali forme di finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale riguardano: ricavi ed entrate proprie, IRAP, IRPEF, compartecipazioni dei cittadini e per le aziende ospedaliere (c.d. ticket).
I Principi della Carta Costituzionale da ritenersi fondamentali in materia sono:
art. 2: riconoscimento da parte della nostra Repubblica dei diritti inviolabili della Persona;
art. 3: principio di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla Legge; tale principio, richiamando l’impostazione della dottrina costituzionale più accreditata, conosce due accezioni: la prima è di tipo “formale” (1° co) e concerne il divieto di discriminazione dinanzi alla legge, per i motivi indicati nella stessa norma, mentre la seconda è di tipo “sostanziale” (2° co) e riguarda il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di carattere sociale che si frappongono alla realizzazione dell’uguaglianza di cui al primo comma;
art. 13: tutela della libertà personale, da ritenersi inviolabile;
art. 32: tutela della Salute nella duplice accezione di integrità psico-fisica e di diritto all’assistenza sanitaria. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha fornito un’accezione molto ampia di Salute che era stata recepita anche dal codice delle Assicurazioni Private quale “Completo Benessere Psico-Fisico”. Il precipitato più importante dell’art. 32 attiene ai Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO), oggi oggetto di ampio dibattito e dottrinale e legislativo in merito ad alcune malattie neuro-degenerative. I TSO possono essere disposti solo nei casi previsti ex lege; art. 117: la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva, tra le varie materie, nella “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (lett. m) dell’art. 117 Cost.). La tutela della salute appartiene alle materie di cui al comma terzo del medesimo articolo, cioè alla legislazione concorrente, in cui la potestà spetta alle Regioni e la determinazione dei princìpi fondamentali è riservata allo Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Per quanto concerne la Sanità e la tutela della Salute, occorre dire che il legislatore prevede una competenza di tipo esclusivo per quanto concerne i c.d. LEA, acronimo di “livelli essenziali di assistenza”. Trattasi di principi, linee guida e standard che devono essere rispettati a livello nazionale, con possibilità, in caso di violazione, di “richiamo” della Regione, da parte del Governo, nella persona del Ministro della Salute, di uniformarsi ai LEA imposti con legge statale; in particolare, se a non garantire i livelli essenziali di assistenza è proprio la legge regionale, che prevede gli strumenti ed i servizi predisposti a tale scopo, la medesima legge regionale potrà essere dichiarata incostituzionale, in quanto violativa del terzo comma dell’art. 117 cost.

– Il c.d. Rischio Clinico

All’interno delle strutture sanitarie è possibile che si verifichino i seguenti eventi:
EVENTI SENTINELLA, cioè (inattesi) eventi di particolare gravità che denotano un malfunzionamento del sistema sanitario e che sono stati oggetto di puntuale indicazione non solo nelle Raccomandazioni Ministeriali, ma anche nel Decreto sugli Errori in Sanità risalente al 2009;
EVENTI AVVERSI, cioè eventi, positivi o negativi, che denotano alcune pratiche cliniche e che sono oggetto di rilievo da parte della Azienda Sanitaria direttamente interessata per il tramite dei protocolli o di linee guida;
QUASI-EVENTI (c.d. Near Miss), cioè eventi solo potenzialmente dannosi che, per caso fortuito o perché tempestivamente intercettati, non si sono verificati.
Quando si parla di Clinic Risk si intende fare riferimento a quelle situazioni di danno o di disagio subite dal paziente a causa delle cure sanitarie, che hanno comportato un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle proprie condizioni di salute o la morte.
L’errore clinico, dando per scontato che sia frutto di una “coscienza e volontà” (c.d. suitas della condotta) del soggetto agente e presupponendo una conoscenza doverosa delle leges artis, si distingue in:
Errore conoscitivo
Errore applicativo
Errore operativo.
La valutazione di tali errori deve tenere conto del fatto che il sapere umano (e la sua applicazione) incontra i limiti esterni della conoscenza scientifica e del livello di approfondimento raggiunto dalla Scienza.
Occorre precisare che duplici sono le attività in tema di Clinic Risk: Assessment e Management. La prima attiene ad una procedura di tipo tecnico-scientifico e consiste nella raccolta di informazioni sulle pratiche cliniche che hanno determinato eventi avversi; la seconda è una procedura decisionale, che tende alla adozione di interventi in conformità delle linee guida o dei protocolli di prevenzione del Rischio Clinico.

Ecco le principali fasi di tali procedure:
1) Segnalazione da parte degli operatori alla Unità di Gestione del Rischio Clinico; tale fase può essere espletata, oltre che per mezzo del sistema learning, anche per il tramite del c.d. “accountability” (detto anche sistema di responsabilizzazione), con adozione di meccanismi sanzionatori in conseguenza dell’evento avverso. Altri importanti sistemi di segnalazione in merito al malfunzionamento della macchina sanitaria riguardano la sicurezza e la qualità, promossa anche dall’OMS e dalla Dichiarazione di Lussemburgo del 2005. A tal proposito, si richiamano: il briefing di sicurezza, il focus group, screening, osservazione, revisione delle cartelle cliniche, il c.d. safety walkaround (giri per la sicurezza, effettuati su mandato direzionale, per poter individuare problemi legati alla sicurezza).
2) Analisi dell’evento avverso per mezzo del processo “RCA” (Root Cause Analysis). Si tratta di una analisi retrospettiva finalizzata alla comprensione di cosa, come e perché è avvenuto un certo evento avverso; alla luce della complessità di tale procedura e delle ipotesi in cui la stessa si applica, preme sottolineare che si verifica la necessità di un gruppo interdisciplinare, con il coinvolgimento anche degli interessati dall’evento.
Le fasi in cui si esplica tale procedura sono: acquisizione delle informazioni; raccolta di interviste e di confronti; analisi dei vari fattori per il tramite dello studio dei diagrammi (a spina di pesce o di Ishikawa oppure diagrammi ad albero); applicazione delle regole di David Marx attraverso le quali è possibile individuare la/e causa/e che hanno determinato l’evento; individuazione di azioni di miglioramento (come semplificazione, promemoria, regole e policy, computerizzazione); redazione di un documento finale in cui sono indicati i risultati ottenuti. Tali fasi possono essere svolte tenendo conto dei fattori del Rischio Clinico, tra cui ricordiamo: fattori strutturali (ad esempio, attinenti alla impiantistica, alla progettazione, alla manutenzione dei macchinari), organizzativi (ad esempio, ruoli, gestione del personale), umani (personali o di gruppo) e fattori che riguardano gli utenti, esterni (contesto socio-economico-culturale).
3) Audit Clinico/Significant Event Audit, che altro non sono che una valutazione, rispettivamente, di una pratica clinica o di un singolo evento, alla luce di standard, delle linee guida, dei protocolli, delle raccomandazioni tenute in considerazione dalla struttura.
4) Feedback delle informazioni
Per quanto riguarda il Clinic Risk Management, peculiare importanza riveste la documentazione sanitaria, in particolare la Cartella Clinica e la SDO (Scheda dimissioni ospedaliere). Secondo la giurisprudenza di legittimità la cartella clinica è un atto pubblico di fede privilegiata; in tale documento devono essere registrate, in maniera chiara, puntuale, completa, veritiera ed accurata, tutte le informazioni in merito ad un paziente: triage, consenso informato, diagnosi, andamento della malattia, indicazione delle terapie somministrate fino alle dimissioni. Oltre alla cartella clinica, svolge un ruolo fondamentale la comunicazione circa il trattamento (consenso informato) o circa l’errore avverso (nei confronti dei diretti interessati e di terzi, come testate giornalistiche). L’errore deve essere tempestivamente comunicato al paziente (o ai parenti dello stesso) previa raccolta di tutte le informazioni, la scelta del luogo in cui effettuare tale comunicazione, il supporto psicologico (anche per l’operatore che ha effettuato l’errore, che è considerata la seconda vittima), la individuazione di un eventuale mediatore culturale o interprete. L’obiettivo è rendere gli interlocutori consapevoli di quanto accaduto, ma anche mitigare i danni, optare a trattamenti sanitari alternativi, avviare pratiche di risarcimento del danno, preservare il rapporto “medico-paziente” e migliorare la pratica clinica. In particolare, per quanto riguarda la responsabilità del soggetto che materialmente ha effettuato la pratica e commesso l’errore, occorre accennare alla natura della responsabilità.
Secondo alcuni studiosi, la responsabilità delle strutture sanitarie è di tipo contrattuale, con un regime probatorio/prescrizionale più favorevole rispetto a quella aquiliana, in ragione del contratto atipico di spedalità (fonte di obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 c.c.) concluso tra paziente e ospedale. Si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti di terzo. La responsabilità della struttura sanitaria, pertanto, seguirà il regime previsto dall’art. 1218 c.c.; potrebbe richiamarsi la previsione dell’art. 1228 c.c., per quanto riguarda l’operato dei medici, salvo poi il diritto di rivalsa dell’ente nei confronti dell’operatore.
La natura della responsabilità del medico è molto discussa. Sino a quindici anni fa si parlava di concorso tra responsabilità contrattuale (struttura-paziente) ed extracontrattuale (medico-paziente), con evidente difficoltà per il privato di dimostrare la responsabilità medica attenendosi al regime di cui all’art. 2043 c.c. Successivamente, la Suprema Corte ha sottolineato che esistono delle relazioni (ad esempio, quella tra sanitario e paziente) da definirsi qualificate che impongono determinati comportamenti e obblighi di protezione (“contatto sociale qualificato”, di natura contrattuale, Cass., n. 589/1999, poi confermato dalle Sezioni Unite). Tale contatto sociale si sostanzia nell’affidamento da parte del paziente di professionalità del medico e, quindi, in un atto o fatto idoneo a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico.
Il d.l. 158/12 (l. 189/12, c.d. legge Balduzzi) ha stabilito che “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.
Si ricordi, ad ogni modo, che è necessario esperire, a pena di improcedibilità, la procedura di mediazione. Infine, la responsabilità medica dovrà essere valutata anche in considerazione dell’art. 1176, comma 2, c.c. secondo cui la diligenza nell’adempimento della obbligazione deve essere valutata in relazione alla natura dell’attività professionale; e, ancora, in quella di cui all’art. 2236 c.c., non trattandosi di obbligazione di risultato (salvo ipotesi particolari).
Avv. Sabrina Perrone

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