“Le donne nei media arabi”: il libro di Renata Pepicelli

le donne nei media arabiIl libro curato da Renata Pepicelli “Le donne nei media arabi” raccoglie i saggi di studiose dei media arabi in un’ottica di genere, al fine di tracciare una panoramica della rappresentazione/autorappresentazione delle donne arabe nei contenuti sia dei media mainstream locali, che dei media digitali in Tunisia, Egitto e Marocco. Ne emerge un quadro molto più sfaccettato, ricco e articolato rispetto agli stereotipi correnti.

Come afferma Pepicelli, se le aspettative in tema di uguaglianza di diritti sono state “tradite” dall’esito delle rivolte, dato l’insediamento di governi che puntano ad una islamizzazione delle società arabe promuovendo valori per lo più conservatori e patriarcali, va al contempo registrato “il manifestarsi di una libertà di espressione inedita”, in buona misura dovuta all’uso femminile dei new media, “grazie alla quale si fanno largo nuove rappresentazioni delle donne e dei rapporti tra i generi” (2014, p. 16).

Dalle analisi dei contenuti dei media mainstream emerge l’esistenza di una pluralità di modelli femminili, che veicolano messaggi a metà strada tra conservatorismo e parità tra i generi. Si va da modelli femminili che mostrano corpi sessualmente ammiccanti nell’intrattenimento musicale, alle telepredicatrici velate nelle televisioni di orientamento religioso come la tv di stato marocchina Assadissa, che se da un lato diffondono il modello di donna musulmana morigerata e rispettosa della morale, d’altro canto costituiscono un esempio di autorevolezza femminile in campo religioso, un tempo ambito rigorosamente riservato agli uomini. Si pensi poi alla larga diffusione delle soap opera (musalsalat), in particolare quelle di produzione turca, che propongono modelli di donne emancipate che esprimono l’anelito all’uguaglianza nei rapporti di coppia, rimanendo però nell’ambito di un paradigma normativo patriarcale.

Nel campo dell’informazione, in maniera peraltro molto simile a quanto accade nei paesi occidentali, si riscontra uno scenario composito: ad esempio, soprattutto in Tunisia si assiste a un crescente avanzamento professionale delle donne giornaliste, e al contempo si registra la difficile convivenza con il potere maschile che di fatto le esclude dall’uguaglianza dei diritti marginalizzando il loro ruolo, così come va sottolineato il dato che vede le donne intervistate/oggetto di notizia, tra cui i politici donna, altamente sottorappresentate (GMMP, 2010).

Se invece si volge lo sguardo ai blog e ai social network o a contenuti diffusi e amplificati dalla rete come vignette e graffiti murali, emergono autorappresentazioni femminili che esplicitamente veicolano messaggi gender oriented che rappresentano una sfida all’ordine patriarcale.

È il caso delle blogger cyber-attiviste che documentano quanto accade nel paese adottando lo stile del citizen-journalism, che postano su Facebook foto a seno nudo con la scritta “il mio corpo mi appartiene, non è l’onore di nessuno”, che diffondono video in cui le donne denunciano gli abusi sessuali subiti. I new media divengono strumento di empowerment per le donne arabe fornendo loro l’accesso a sfere pubbliche online che entrano in sinergia con l’attivismo offline, divenendo potenti strumenti di mobilitazione politica e sociale.

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