India, un passo indietro sulla legge “anti dote”

doteCon una legge del 1961 la Repubblica indiana aveva ufficialmente messo al bando la tradizionale pratica della dote matrimoniale, una transazione economica che – generalmente – vede la famiglia della moglie versare a quella del marito una somma variabile di quattrini (declinata in regali, oro e proprietà terriere) come “compenso” per la chiusura del contratto matrimoniale.

Dopo essersi sposata, la moglie doveva trasferirsi nella casa della famiglia allargata del marito e il sostentamento della donna – destinata ad un’esistenza da inoccupata, secondo i costumi consolidatisi nel tempo – diventava compito ad appannaggio esclusivo della famiglia dello sposo. Nonostante la legge, la dote matrimoniale è ancora molto diffusa in India e comporta in numero crescente episodi di violenza – fisica e psicologica – ai danni della moglie, vessazioni con l’obiettivo di spillare ulteriore denaro ai genitori della ragazza.

Per contrastare le violenze, nel 1983 il paese ha varato una nuova legge “anti dote” – 498A – secondo la quale, alla denuncia di maltrattamenti per estorcere denaro alla famiglia del coniuge, doveva scattare immediatamente l’arresto, senza mandato del giudice.

La Corte suprema indiana si è espressa contro l’arresto immediato, rilevando che l’interpretazione della legge ha fatto sì che una norma pensata per “proteggere” le donne dalle violenze della famiglia del marito sia diventata un’arma a disposizione di “mogli scontente”.

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